La dermatosi lichenoide psoriasiforme costituisce una manifestazione cutanea insolita nel cane, strettamente associata alla somministrazione di inibitori della calcineurina e complicata da un’infezione stafilococcica. Questa affezione dermatologica, caratterizzata da lesioni ipercheratosiche distintive, solleva interrogativi fondamentali riguardanti le interazioni complesse tra immunomodulazione terapeutica e patogeni cutanei.
L’analisi retrospettiva di ventotto casi canini su un periodo che si estende dal 2015 al 2023 permette di chiarire le particolarità cliniche, istopatologiche e terapeutiche di questa entità patologica sconosciuta, esplorando al contempo le caratteristiche genomiche dei ceppi stafilococcici coinvolti nella sua genesi.
Caratteristiche epidemiologiche e presentazione clinica
L’esame della popolazione studiata rivela una notevole assenza di predisposizione razziale o sessuale. La coorte comprende quindici cani di razza pura e otto individui incrociati, con una rappresentazione notevole di tre American Pit Bull Terrier, tre Labrador Retriever, due Boxer e due Levrieri. L’età mediana di insorgenza si stabilisce a sette anni, con variazioni comprese tra tre e dodici anni, suggerendo una predominanza negli animali adulti.
La distribuzione anatomica delle lesioni presenta una variabilità sostanziale. Quattro casi manifestano un interessamento focale unico, mentre diciassette presentano lesioni multifocali e sette sviluppano una forma regionale o generalizzata. Le manifestazioni cliniche si caratterizzano principalmente per placche ipercheratosiche a nodulari, frequentemente descritte come presentanti un aspetto frondiforme. Queste proliferazioni cutanee si accompagnano generalmente ad alopecia e interessano varie regioni corporee includendo la testa, il collo, il tronco e gli arti. Sette animali manifestano un prurito concomitante al momento del prelievo bioptico.
Dermatosi lichenoide in un cane
Esposizione agli inibitori della calcineurina e fattori associati
Ventisette dei ventotto cani documentati hanno ricevuto un inibitore della calcineurina precedentemente all’emergenza lesionale. Il tempo mediano precedente alla comparsa delle manifestazioni cutanee si stabilisce a sei mesi, con estremi varianti da uno a ventiquattro mesi. Questa latenza variabile suggerisce una suscettibilità individuale differenziale o l’intervento di cofattori patogenici.
La ciclosporina modificata rappresenta l’inibitore predominante, somministrata a ventitré individui sia isolatamente, sia in associazione con il ketoconazolo. La ripartizione delle formulazioni farmaceutiche si stabilisce come segue: dodici cani ricevono una ciclosporina generica microemulsionata, sette beneficiano di una preparazione commerciale di marca, un animale è trattato con una formulazione magistrale, mentre tre casi implicano preparazioni non specificate. Sette pazienti ricevono simultaneamente ciclosporina e ketoconazolo, quest’ultimo essendo utilizzato per le sue proprietà di inibizione del citocromo P450 3A, permettendo un aumento delle concentrazioni ematiche di ciclosporina.
L’analisi posologica rivela che una proporzione significativa di dodici cani riceve dosi superiori alle raccomandazioni stabilite, con una mediana di 10 mg/kg/giorno e valori massimali raggiungenti 15,2 mg/kg/giorno. Per gli animali trattati esclusivamente con ciclosporina, la dose mediana si eleva a 7 mg/kg/giorno. I pazienti che ricevono l’associazione ciclosporina-ketoconazolo beneficiano di una posologia ridotta di ciclosporina, con una mediana di 2,7 mg/kg/giorno, compensata dalla somministrazione concomitante di ketoconazolo a una dose mediana di 4,9 mg/kg/giorno.
Il tacrolimus topico costituisce una modalità terapeutica meno frequente, riguardante cinque animali. Tre di essi ricevono preparazioni oftalmiche per il trattamento di cheratocongiuntivite secca, mentre due beneficiano di applicazioni cutanee. L’insieme dei cani trattati con tacrolimus topico sviluppano lesioni nel sito di applicazione o nelle immediate vicinanze, suggerendo una relazione causale diretta.
Affezioni sottostanti e terapeutiche concomitanti
Le indicazioni terapeutiche che giustificano la somministrazione di inibitori della calcineurina si rivelano diverse. Sei animali presentano una dermatite atopica o allergica refrattaria, tre soffrono di enteropatia essudativa, due manifestano rispettivamente un’encefalite o mielite a mediazione immunitaria, un pemfigo foliaceo, una malattia infiammatoria intestinale, una trombocitopenia immune o una poliartrite a mediazione immunitaria. Casi isolati riguardano una dermatite piogranulomatosa sterile, una nefropatia essudativa, un’aplasia eritrocitaria pura e una blefarite immune.
Sedici pazienti ricevono simultaneamente altri agenti immunomodulatori. Sei animali beneficiano di prednisone, due ricevono iniezioni di lokivetmab, due sono trattati con oclacitinib, due con budesonide, mentre casi individuali riguardano la somministrazione di soluzioni oftalmiche associanti neomicina, polimixina B e desametasone, di acetato di prednisolone oftalmico o di levotiroxina. Questa politerapia immunomodulatrice potrebbe potenziare le alterazioni della risposta immune cutanea.
Investigazioni citologiche e microbiologiche
L’esame citologico lesionale, realizzato in ventisei animali, identifica cocchi batterici in ventidue casi. Tre di questi prelievi rivelano anche la presenza di bacilli e lieviti compatibili con Malassezia spp. Quattro campioni non presentano alcun batterio identificabile. Questa prevalenza elevata di colonizzazione batterica superficiale supporta l’ipotesi di un ruolo patogenico determinante dell’infezione nella genesi lesionale.
Le colture aerobiche, effettuate su nove prelievi tra i casi citologicamente positivi, isolano esclusivamente Staphylococcus pseudintermedius. Otto colture rivelano questa specie come unico patogeno, mentre un prelievo presenta addizionalmente una crescita leggera di Enterococcus sp. del gruppo D e di Escherichia coli. Questa uniformità microbiologica suggerisce una relazione specifica tra S. pseudintermedius e lo sviluppo della dermatosi lichenoide psoriasiforme.
Caratteristiche istopatologiche
L’esame microscopico rivela un pattern istologico notevolmente costante. L’insieme dei campioni presenta una banda lichenoide linfoplasmacitica nel derma superficiale. L’epidermide manifesta un’acantosi con formazione di proiezioni a forma di creste epiteliali, conferendo l’aspetto psoriasiforme. Cocchi batterici si osservano invariabilmente nelle croste o nei microascessi. In tre individui, l’infiltrato linfoplasmacitico lichenoide si estende periannessialmente fino al livello dell’istmo follicolare.
L’ipercheratosi paracheratolica caratterizza lo strato corneo, associata a un’ortocheratosi in dieci casi. Un’ipercheratosi follicolare si osserva occasionalmente in sei campioni. Queste modificazioni architetturali epidermiche, associate all’infiammazione dermica specifica, permettono una distinzione istopatologica rispetto ad altre affezioni proliferative cutanee quali la dermatosi responsiva allo zinco, i papillomi virali, le placche virali pigmentate o la follicolite murale linfocitica proliferativa dei Labrador Retriever.
Modalità terapeutiche ed evoluzione clinica
La gestione terapeutica combina generalmente antimicrobici e modificazione del protocollo di inibitore della calcineurina. Quattordici animali ricevono antimicrobici precedentemente alla diagnosi, mentre ventidue beneficiano di una antibioticoterapia post-diagnostica. Tre pazienti sono trattati esclusivamente con antisettici o antimicrobici topici. Le classi terapeutiche impiegate includono doxiciclina, clindamicina, rifampicina, cefalosporine, terbinafina, marbofloxacina, tilosina, ciprofloxacina, sulfadimetossina-ormetoprim, amoxicillina e minociclina.
L’aggiustamento dell’inibitore della calcineurina si effettua secondo diverse modalità: tredici casi implicano una discontinuazione completa, dieci una riduzione posologica o di frequenza, mentre un protocollo rimane invariato. Per quattro animali, l’informazione riguardante questa modificazione terapeutica resta indisponibile. Due casi particolari riguardano l’interruzione del ketoconazolo per ridurre effettivamente l’esposizione alla ciclosporina, quattro implicano una diminuzione posologica, e tre una riduzione di frequenza di somministrazione.
La valutazione dei risultati terapeutici rivela che quattro cani ottengono un miglioramento superiore al cinquanta per cento, mentre diciotto raggiungono una risoluzione lesionale completa dopo antibioticoterapia e modificazione del trattamento con inibitore della calcineurina. Due animali non manifestano alcun miglioramento nonostante l’antibioticoterapia, questi casi corrispondendo a situazioni dove la ciclosporina non è mai stata ridotta o il cui aggiustamento terapeutico è stato ritardato per non osservanza del proprietario. Sei pazienti vengono persi al follow-up, rendendo impossibile la valutazione del loro stato lesionale finale.
Recidive e remissione a lungo termine
Tre animali avendo inizialmente ottenuto una risoluzione completa sviluppano una recidiva. Il primo caso, sotto ciclosporina e ketoconazolo, presenta una ricomparsa lesionale dodici mesi dopo l’interruzione antimicrobica. Una nuova serie di biopsie esclude una diagnosi differenziale di papillomi virali, e una antibioticoterapia sistemica addizionale conduce a una risoluzione completa secondaria. Il secondo paziente, trattato empiricamente con miglioramento parziale, manifesta un aggravamento tre mesi dopo l’identificazione iniziale. La discontinuazione ciclosporinìca conseguente alla conferma istopatologica permette una remissione duratura. Il terzo caso, nel quale solo il ketoconazolo viene interrotto mentre la ciclosporina prosegue, ottiene una risoluzione sotto clindamicina ma recidiva tre mesi post-trattamento. L’isolamento di S. pseudintermedius resistente alla meticillina motiva l’istituzione di una terapia antisettica topica, conducendo alla risoluzione in trenta giorni.
Al momento della sottomissione del manoscritto, diciannove animali presentanti un miglioramento sostanziale o una risoluzione completa rimangono in remissione clinica secondo le informazioni disponibili. Questa proporzione favorevole suggerisce che il riconoscimento diagnostico precoce e l’adattamento terapeutico appropriato permettono generalmente un controllo efficace dell’affezione.
Implicazioni patogeniche e cliniche
La presenza quasi universale di batteri nelle lesioni, combinata all’efficacia terapeutica degli antimicrobici, supporta solidamente l’ipotesi secondo cui l’infezione stafilococcica costituisce un elemento patogenico centrale. Questa dermatosi rappresenterebbe così una reazione immune atipica all’infezione batterica, facilitata dall’immunomodulazione indotta dagli inibitori della calcineurina. La congiunzione di un’inibizione calcineurinica e di un’esposizione a ceppi stafilococcici portatori di fattori di virulenza specifici potrebbe alterare la risposta immune cutanea normale, conducendo al pattern istopatologico distintivo osservato.
L’osservazione secondo cui diversi animali presentano posologie superiori alle raccomandazioni stabilite suggerisce una possibile relazione dose-dipendente nello sviluppo lesionale. Questa ipotesi meriterebbe conferma mediante studi prospettici controllati. L’unico caso documentato di monitoraggio terapeutico rivela una concentrazione sierica largamente superiore all’intervallo terapeutico target, rafforzando la plausibilità di un effetto dose-dipendente.
Il constatare un’associazione lesionale con il tacrolimus topico, particolarmente alle concentrazioni oftalmiche elevate dell’uno per cento, estende lo spettro degli inibitori calcineurinici implicati oltre la ciclosporina orale. Lo sviluppo di lesioni facciali in un animale che riceve unicamente tacrolimus oftalmico suggerisce un assorbimento sistemico significativo di questo composto.
Considerazioni diagnostiche differenziali
La distinzione istopatologica tra dermatosi lichenoide psoriasiforme e altre affezioni ipercheratosiche acantosiche si basa su criteri specifici. La dermatosi responsiva allo zinco presenta classicamente una paracheratosi severa estendentesi negli infundibula follicolari con formazione di spirali, contrastando con le croste sierocellulari e pustole intraepidermiche discrete caratterizzanti la presente affezione. I papillomi virali regressivi, in assenza di corpi d’inclusione o di effetto citopatico virale, manifestano una dermatite d’interfaccia citotossica piuttosto che la banda lichenoide infiammatoria osservata qui. La follicolite murale linfocitica proliferativa dei Labrador Retriever si distingue per un’acantosi e iperplasia follicolari accompagnate da apoptosi cheratinocitaria e da una follicolite d’interfaccia citotossica murale leggera.
Clinicamente, la differenziazione rispetto alla follicolite batterica classica si impone, quest’ultima manifestandosi tipicamente con papule e pustole piuttosto che con placche ipercheratosiche. Il riconoscimento di questo pattern lesionale distintivo, associato all’anamnesi di esposizione agli inibitori calcineurinici e all’identificazione citologica di cocchi abbondanti, orienta fortemente verso la diagnosi presuntiva, confermata ulteriormente dall’analisi istopatologica.
L’insieme di queste osservazioni definisce la dermatosi lichenoide psoriasiforme come un’entità clinicopatologica ben caratterizzata, sopravveniente nel cane adulto indipendentemente dalla razza, strettamente legata alla somministrazione di inibitori della calcineurina sotto diverse formulazioni e intimamente associata all’infezione da S. pseudintermedius. Il riconoscimento diagnostico precoce permette l’istituzione di un trattamento antimicrobico appropriato e l’aggiustamento terapeutico degli inibitori calcineurinici, conducendo generalmente a risultati clinici favorevoli con risoluzione lesionale sostanziale o completa nella maggioranza dei casi documentati.
Davis ER, Mauldin EA, Cain CL, Cole S, Bradley CW. Clinical features, treatment and outcomes of dogs with psoriasiform lichenoid dermatosis associated with calcineurin inhibitor therapy. Vet Dermatol. 2025;0:1-14.