L’Alopecia delle Mantelli Diluiti nel Cane: Aggiornamento 2025

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L’alopecia da diluizione del colore (CDA), conosciuta anche come alopecia del mutante del colore, è una genodermatosi canina caratterizzata da una progressiva perdita di pelo che colpisce specificamente le aree del mantello con pigmentazione diluita. Siamo lieti di presentarvi un riassunto completo delle conoscenze su questa dermatosi.

1. Introduzione

L’alopecia da diluizione del colore (CDA), conosciuta anche come alopecia del mutante del colore, è una genodermatosi canina caratterizzata da una progressiva perdita di pelo che colpisce specificamente le aree del mantello con pigmentazione diluita. Sebbene considerata relativamente rara nella popolazione canina generale, rappresenta la dermatosi ereditaria più comunemente diagnosticata nel cane. Il suo riconoscimento e la sua profonda comprensione sono fondamentali per il dermatologo veterinario. Essi consentono non solo di stabilire una diagnosi certa e di distinguerla da altre affezioni alopeciche, ma anche di fornire un consiglio informato e preciso ai proprietari e agli allevatori interessati. La malattia si manifesta con un deterioramento della qualità del pelo, evolvendo verso un’alopecia spesso estesa, e può essere accompagnata da lesioni cutanee secondarie, in particolare infezioni batteriche.

La complessità della CDA non risiede unicamente nelle sue manifestazioni cliniche, ma anche nella sua terminologia e nelle sue relazioni con altre displasie follicolari. Storicamente, sono stati impiegati diversi termini, e la sua distinzione rispetto alla displasia follicolare del pelo nero (BHFD) è stata oggetto di discussioni. La BHFD, che colpisce selettivamente le aree del mantello nero nei cani con pezzature bianche, presenta notevoli somiglianze istopatologiche con la CDA. Questa parentela suggerisce una base patogenetica comune, dove un’anomalia primaria della pigmentazione e della struttura follicolare sarebbe centrale. Questa sfumatura terminologica e classificatoria riflette l’evoluzione delle conoscenze e sottolinea l’importanza di un approccio diagnostico rigoroso per queste affezioni dermatologiche geneticamente determinate.

2. Eziopatogenesi della CDA

L’eziopatogenesi dell’alopecia da diluizione del colore è multifattoriale, coinvolgendo basi genetiche specifiche, complessi meccanismi fisiopatologici a livello del follicolo pilifero e della pigmentazione, nonché fattori che modulano la sua espressione clinica.

2.1. Basi Genetiche: Il Gene MLPH e le sue Varianti

La base genetica della CDA si fonda prevalentemente su mutazioni all’interno del gene della melanofilina (MLPH). Questo gene svolge un ruolo cruciale nella codifica di una proteina essenziale per il trasporto e la distribuzione dei melanosomi, gli organuli contenenti melanina, all’interno dei melanociti e verso i cheratinociti circostanti. La diluizione del colore del pelo, un prerequisito fenotipico per lo sviluppo della CDA, è la conseguenza diretta di queste mutazioni.

Diverse varianti alleliche recessive (‘d’) del gene MLPH sono state identificate come responsabili di questo fenotipo di diluizione. La variante più ampiamente studiata e più frequentemente coinvolta è un polimorfismo a singolo nucleotide (SNP) situato nella posizione c.-22 rispetto al sito di inizio della traduzione nell’esone 1 del gene MLPH, consistente in una sostituzione di una guanina (G) con un’adenina (A) (c.-22G>A). Studi hanno confermato una stretta associazione tra questo SNP e il fenotipo del mantello diluito in molte razze canine. Oltre a questa variante principale (spesso designata d1), sono state descritte altre mutazioni all’interno del gene MLPH, in particolare la variante d2, una sostituzione c.705G>C identificata nel Chow-Chow, e la variante d3, un’inserzione c.667_668insC riportata nel Chihuahua. Affinché un cane esprima fenotipicamente un colore del mantello diluito, e sia quindi predisposto alla CDA, deve essere omozigote per uno di questi alleli recessivi (genotipo d/d).

La CDA è riconosciuta come una malattia a trasmissione autosomica recessiva. Questa modalità di trasmissione implica che entrambi i genitori di un animale affetto devono essere, al minimo, portatori eterozigoti dell’allele mutato (D/d) o essere essi stessi affetti (d/d).

2.2. Meccanismi Fisiopatologici

Le mutazioni del gene MLPH inducono una cascata di eventi cellulari e tissutali che portano alle manifestazioni cliniche della CDA.

Danno al trasporto e all’aggregazione dei melanosomi: La principale conseguenza funzionale delle mutazioni del MLPH è un difetto nel meccanismo di trasporto dei melanosomi. Questo si traduce in un accumulo e un’aggregazione disordinata di questi organuli pigmentari, formando voluminose inclusioni chiamate macromelanosomi, all’interno dei melanociti dell’epidermide e dei follicoli piliferi, così come nei cheratinociti dei fusti piliferi in formazione. La variante d/d del MLPH è direttamente responsabile di questo difetto di dispersione omogenea dei melanosomi, portando alla loro aggregazione. La presenza di questi macromelanosomi costituisce una caratteristica istopatologica e tricocopica distintiva della CDA.

Displasia follicolare e alterazione della struttura pilifera: L’accumulo intracitoplasmatico di questi macromelanosomi, accoppiato a una possibile citotossicità esercitata dai precursori della melanina o dagli stessi melanosomi anormali sulle cellule della matrice pilifera, è considerato un fattore importante nello sviluppo della displasia follicolare. I follicoli piliferi diventano quindi strutturalmente anormali, presentando distorsioni, atrofia progressiva e disturbi del ciclo pilifero. Contemporaneamente, la struttura stessa dei fusti piliferi è compromessa. L’integrazione disordinata dei macromelanosomi nella corteccia e nella midolla del pelo altera la sua integrità biomeccanica, rendendolo anormalmente fragile, friabile e soggetto a fratture premature. Questa fragilità pilifera è un contribuente diretto all’alopecia osservata.

Anomalie della cheratinizzazione: I disturbi della cheratinizzazione accompagnano frequentemente la CDA. Un’ipercheratosi, in particolare a livello follicolare, è un’osservazione comune, che si manifesta con la formazione di tappi di cheratina che ostruiscono gli infundibuli piliferi. Anche una desquamazione eccessiva della superficie cutanea (squame) è spesso riportata. Queste anomalie della cheratinizzazione contribuiscono all’aspetto secco e ruvido della pelle e possono favorire le complicanze infettive.

2.3. Complessità Genetica e Fattori che Influenzano l’Espressione

Un aspetto fondamentale e sconcertante della CDA è che la presenza di un genotipo MLPH d/d, sebbene necessaria, non è sistematicamente sufficiente per indurre il fenotipo alopecico. Infatti, non tutti i cani omozigoti recessivi per le varianti di diluizione sviluppano la CDA, o la sviluppano con una gravità e un’età di esordio variabili. Questo fenomeno, noto come penetranza incompleta, suggerisce fortemente l’intervento di altri fattori genetici (geni modificatori) o ambientali nell’espressione clinica della malattia. Ad esempio, è ben consolidato che i test genetici per le varianti del MLPH identificano lo stato di diluizione del mantello ma non possono predire se un cane di colore diluito svilupperà effettivamente la CDA. L’incidenza della CDA nei Doberman di colore diluito è molto alta, ma non raggiunge il 100%, mentre in altre razze come il Piccolo Levriero Italiano, è significativamente più bassa nonostante la presenza di mantelli diluiti. In modo ancora più sorprendente, alcune razze come il Bracco di Weimar o l’Alano, che possono presentare mantelli diluiti (e quindi un genotipo d/d), solo raramente, o mai, manifestano i segni clinici della CDA.

L’esistenza di geni modificatori è quindi un’ipotesi predominante per spiegare questa variabilità inter e intra-razziale. Geni come RAB27A e MYO5A, che codificano per proteine che interagiscono funzionalmente con la melanofilina all’interno del complesso di trasporto dei melanosomi, sono stati logicamente evocati come potenziali candidati. Tuttavia, il loro ruolo diretto e specifico nella modulazione della gravità della CDA nei cani d/d non è stato ancora formalmente dimostrato da studi mirati. Ricerche hanno indicato che il rischio di sviluppare la CDA o la DFPN sembra essere specifico per la razza, il che rafforza l’idea che il background genetico complessivo di ogni razza giochi un ruolo modulatore determinante. L’identificazione precisa di questi fattori modificatori, siano essi genetici o ambientali, rimane un campo di ricerca attivo e cruciale. L’ipotesi più antica di un allele ‘dl’ al locus D, recessivo a ‘d’ e direttamente responsabile dell’alopecia, è meno evidenziata nelle pubblicazioni recenti, che si orientano maggiormente verso l’interazione tra MLPH e geni modificatori distinti.

Questa evoluzione della comprensione, da un modello monogenico stretto a un modello poligenico o multifattoriale, ha implicazioni considerevoli. A livello di consiglio genetico, ciò significa che un test MLPH da solo, sebbene informativo sullo stato di diluizione, è insufficiente per predire con certezza il rischio di sviluppare l’alopecia. Per la ricerca, ciò sottolinea la necessità di approcci più globali, come gli studi di associazione su scala genomica (GWAS) o il sequenziamento dell’intero genoma in coorti di cani d/d affetti e non affetti, al fine di identificare questi sfuggenti geni modificatori. A lungo termine, la caratterizzazione di questi fattori potrebbe non solo affinare la prognosi ma anche aprire la strada a nuove strategie preventive o terapeutiche, qualora questi modulatori si rivelassero bersagli accessibili. L’identificazione di questi elementi potrebbe spiegare perché alcune linee o razze sono più vulnerabili di altre, pur condividendo lo stesso genotipo MLPH d/d.

3. Aspetti Epidemiologici

Lo studio della distribuzione e dei determinanti della CDA nelle popolazioni canine fornisce informazioni preziose per il suo riconoscimento e la sua gestione.

3.1. Prevalenza e Incidenza

L’alopecia da diluizione del colore è generalmente considerata un’affezione relativamente rara se si considera l’intera popolazione canina. Tuttavia, all’interno del gruppo delle genodermatosi, si distingue per una maggiore frequenza di diagnosi, ponendosi come la malattia cutanea ereditaria più comunemente identificata nel cane. I dati epidemiologici precisi riguardanti la sua prevalenza o incidenza su larga scala e in popolazioni canine diversificate rimangono limitati. Tuttavia, la letteratura scientifica, ricca di studi di casi individuali e di rapporti di serie di casi clinici, attesta la sua presenza in un’ampia gamma di razze canine e in diverse regioni geografiche in tutto il mondo.

3.2. Razze Predisposte

Una marcata predisposizione di razza è una caratteristica epidemiologica saliente della CDA. Essa colpisce principalmente le razze in cui i mantelli a pigmentazione diluita – come il blu (diluizione del nero), il fulvo o isabella (diluizione del marrone/cioccolato), o anche il lilla – non sono solo riconosciuti dagli standard di razza ma talvolta attivamente ricercati dagli allevatori e dai proprietari. La seguente tabella sintetizza le informazioni relative alle razze più frequentemente riportate come predisposte alla CDA.

Tabella 1: Razze Predisposte all’Alopecia da Diluizione del Colore (CDA) e Frequenza

Razza

Colori Diluiti Interessati

Frequenza Riportata della CDA (se disponibile)

Doberman Pinscher

Blu, Fulvo (Isabella)

Molto alta: dal 57,9% al 93% nei blu; dal 75% all’89,5% nei fulvi.

Bassotto (Dachshund)

Blu, Isabella

Frequente.

Yorkshire Terrier

Blu (su mantello blu e fulvo)

Riportata frequentemente, interessa le aree blu del mantello.

Pinscher Nano

Blu, Fulvo

Riportata.

Whippet

Blu, Fulvo

Frequente.

Piccolo Levriero Italiano

Blu, Fulvo

Riportata; incidenza sembra più bassa rispetto al Doberman nonostante la frequenza dei mantelli diluiti.

Chow Chow

Blu

Riportata.

Bracco di Weimar

Grigio topo (Isabella)

Geneticamente d/d, ma la CDA clinica è raramente osservata, suggerendo fortemente l’azione di geni modificatori protettivi.

Alano

Blu

Situazione simile al Bracco di Weimar; esistono mantelli blu, ma la CDA clinica è poco frequente.

Labrador Retriever

Carbone (Blu), Argento (Lilla)

La CDA è sempre più riconosciuta in questi colori di diluizione non standard.

Bulldog Francese

Blu

La CDA è riportata negli individui di colore blu.

American Staffordshire Terrier

Blu

Predisposizione riconosciuta.

Altre razze

Vari colori diluiti

Barboncino Standard (blu), Setter Irlandese (fulvo), Saluki, Bovaro del Bernese, Chihuahua, Shetland Sheepdog, Boston Terrier, Terranova, Schipperke, Beauceron, Pastore Tedesco, Blu di Gascogna.

Cani incrociati

Mantelli diluiti di varie origini

La CDA non è esclusiva dei cani di razza pura ed è stata diagnosticata in cani incrociati che presentano un mantello diluito.

Questo elenco non è esaustivo, ma illustra l’ampia distribuzione della predisposizione alla CDA tra le razze canine. La variabilità dell’espressione clinica, anche all’interno delle razze predisposte e per lo stesso genotipo MLPH d/d (come nel caso del Bracco di Weimar), è un forte argomento a favore dell’influenza di fattori genetici modificatori o di fattori ambientali ancora poco caratterizzati.

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Grave alopecia da diluizione del colore in uno Yorkshire

3.3. Influenza dell’Età e del Sesso

L’età di comparsa dei primi segni clinici di CDA è variabile, ma si colloca generalmente in una finestra che va dai 4 mesi ai 3 anni. Sono stati riportati casi con esordio dei sintomi già a 3 mesi, e più raramente, in animali più anziani, un caso è stato descritto in un cane di 10 anni. Questa ampia fascia di età di comparsa, anche all’interno della stessa razza, potrebbe riflettere l’eterogeneità dei fattori modificatori che influenzano l’espressione della malattia, o l’interazione con inneschi ambientali ancora non identificati. Se la patogenesi fosse determinata unicamente dal genotipo MLPH d/d, ci si potrebbe aspettare una finestra di comparsa più ristretta, a meno che l’espressione del gene non sia soggetta a una regolazione dello sviluppo intrinsecamente variabile. Così, questa variabilità temporale, come l’incompletezza della penetranza, suggerisce una complessità eziologica in cui fattori genetici aggiuntivi, epigenetici o ambientali (come lo stress follicolare legato all’alimentazione, alla nutrizione o allo stato ormonale generale) potrebbero interagire con la predisposizione genetica primaria per modulare il momento della manifestazione clinica.

Per quanto riguarda l’influenza del sesso, la maggior parte degli studi e delle osservazioni cliniche non riporta una significativa predisposizione sessuale per la CDA. Maschi e femmine sembrano essere colpiti con una frequenza comparabile, il che è in accordo con il modello di trasmissione autosomica recessiva della malattia, indipendente dai cromosomi sessuali.

4. Manifestazioni Cliniche

Le manifestazioni cliniche dell’alopecia da diluizione del colore sono progressive e caratteristiche, influenzando la qualità e la densità del pelo, nonché l’integrità della pelle sottostante.

4.1. Età di Comparsa ed Evoluzione

Tipicamente, i cuccioli destinati a sviluppare la CDA nascono con un mantello dall’aspetto normale nelle aree di colore diluito. I primi segni della malattia si manifestano in modo insidioso e progressivo, più spesso tra i 4 mesi e i 3 anni di età, anche se esistono variazioni come menzionato in precedenza. L’alopecia è caratterizzata dalla sua lenta progressione, che si estende spesso per diversi mesi o anni. Può evolvere fino a una perdita di pelo quasi totale sulle regioni del tronco che presentano la pigmentazione diluita.

4.2. Descrizione delle Lesioni Pilifere e Cutanee

Qualità del mantello: Il primo indicatore clinico è spesso un’alterazione della qualità del mantello nelle zone di colore diluito. Il pelo perde la sua lucentezza, diventando opaco, secco e fragile. I peli colpiti possono presentare un aspetto “mangiato dalle tarme” o una diradamento diffuso, portando a un’ipotricosi. I fusti piliferi rimanenti sono spesso ruvidi al tatto e si fratturano facilmente a causa di traumi minimi come lo sfregamento o la spazzolatura.

Alopecia: L’ipotricosi iniziale evolve inesorabilmente verso un’alopecia più marcata, la cui estensione e simmetria possono variare. Le prime zone colpite sono classicamente localizzate sul tronco, in particolare lungo la linea dorsale. L’alopecia può quindi estendersi ai fianchi e alla regione addominale. Caratteristicamente, la testa, gli arti e la coda sono spesso risparmiati o colpiti solo tardivamente nell’evoluzione della malattia. Un segno patognomonico, in presenza di un mantello diluito, è il risparmio rigoroso delle zone di colore non diluito. Per esempio, in un Doberman Pinscher blu e fulvo, le macchie fulve non saranno interessate dall’alopecia.

Lesioni cutanee primarie e secondarie: Oltre alla perdita di pelo, possono essere osservate diverse lesioni cutanee:

  • Papule e pustole follicolari sono frequentemente riscontrate. Queste possono evolvere nella formazione di comedoni (punti neri), derivanti dall’ostruzione dei follicoli piliferi.
  • Una desquamazione, che si presenta sotto forma di squame sottili (pitiriasiformi) o più grandi (furfuracee), è una manifestazione comune, che testimonia i disturbi della cheratinizzazione.
  • La piodermite batterica secondaria è una complicazione molto frequente e clinicamente significativa. Si manifesta generalmente con una follicolite o una foruncolosi, il più delle volte causata dalla proliferazione di Staphylococcus pseudintermedius. Questa sovrainfezione batterica è spesso la causa principale del prurito nei cani affetti da CDA.
  • Macule ipomelaniche, cioè aree di pelle che presentano una depigmentazione, possono apparire, in particolare sulla faccia ventrale dell’addome.
  • Il prurito (prurito) è tipicamente assente o minimo in assenza di complicanze infettive. Quando presente, è quasi sistematicamente imputabile alla piodermite batterica secondaria.

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Aspetto maculato dell’alopecia da diluizione del colore in un Doberman

La sequenza di comparsa di queste lesioni costituisce un elemento importante per l’orientamento diagnostico. Le modificazioni iniziali della qualità del pelo, seguite dall’ipotricosi progressiva e quindi dall’alopecia, precedono generalmente lo sviluppo delle complicanze cutanee come la piodermite. Questa cronologia, associata alla distribuzione caratteristica delle lesioni (tronco principalmente interessato, risparmio delle zone non diluite), è altamente suggestiva di CDA in un cane che presenta un mantello a pigmentazione diluita. Ciò aiuta a differenziare la CDA da altre affezioni dermatologiche la cui comparsa sarebbe più improvvisa o i cui segni infiammatori sarebbero primari.

5. Approccio Diagnostico

La diagnosi di alopecia da diluizione del colore si basa su un approccio metodico che integra i dati anamnestici, i segni clinici e i risultati di esami complementari specifici, in particolare il tricogramma e l’esame istopatologico di biopsie cutanee.

5.1. Anamnesi ed Esame Clinico

Un’anamnesi dettagliata è il primo passo cruciale. Essa deve mirare a raccogliere informazioni precise riguardanti la razza del cane, il colore del suo mantello (e la conferma della presenza di una diluizione pigmentaria), l’età esatta di comparsa dei primi segni dermatologici, la natura e la cronologia dell’evoluzione delle lesioni, nonché gli eventuali antecedenti familiari (presenza di altri cani affetti nella stessa linea o cucciolata). Anche i trattamenti precedenti e la risposta osservata devono essere documentati.

L’esame clinico generale e dermatologico deve essere esaustivo. Confronterà la presenza di un colore diluito (blu, fulvo, isabella, ecc.) e permetterà di caratterizzare precisamente la natura, la distribuzione e la gravità delle lesioni alopeciche, nonché l’eventuale presenza di lesioni cutanee primarie o secondarie (papule, pustole, comedoni, squame, eritema, croste, macule ipopigmentate), in accordo con le descrizioni fornite nella sezione precedente. La valutazione dell’estensione dell’alopecia e la ricerca di segni di piodermite secondaria sono particolarmente importanti.

5.2. Contributo del Tricogramma

L’esame microscopico dei peli (tricogramma) è uno strumento diagnostico non invasivo, semplice da eseguire, rapido e di grande valore informativo nel sospetto di ARD. I peli vengono prelevati per trazione delicata nelle aree alopeciche o alla periferia delle lesioni, montati tra vetrino e coprivetrino in olio minerale o lattofenolo, e osservati al microscopio ottico.

Le osservazioni tipiche durante l’ARD includono:

  • La presenza di numerosi e voluminosi aggregati di melanina, o macromelanosomi, di forma e dimensione irregolari, distribuiti in modo anarchico all’interno della corteccia e della midolla dei fusti piliferi. Questi macromelanosomi sono la firma microscopica dell’anomalia di distribuzione pigmentaria.
  • Questi accumuli pigmentari possono causare una significativa distorsione dell’architettura del fusto pilifero, rendendolo irregolare, e provocare punti di fragilità che portano a fratture trasversali o oblique del pelo.
  • Altre anomalie strutturali dei peli possono essere visualizzate, come fusti piliferi deformi, attorcigliati, che presentano angolazioni anomale, o una cuticola danneggiata o assente in alcuni punti, in particolare nelle zone di concentrazione dei macromelanosomi.

5.3. Biopsia Cutanea e Caratteristiche Istologiche Chiave

La biopsia cutanea, seguita da un esame istopatologico da parte di un patologo veterinario esperto, è spesso l’esame di scelta per confermare la diagnosi di ARD, in particolare nei casi atipici o per escludere altre dermatosi. Si raccomanda di eseguire diverse biopsie (punch da 6 o 8 mm) su aree rappresentative dell’alopecia, includendo, se possibile, lesioni primarie come le papule follicolari, nonché un’area di pelle apparentemente sana a fini comparativi.

Le caratteristiche istopatologiche considerate tipiche e diagnostiche dell’ARD sono riassunte nella Tabella 2.

Tabella 2: Principali Caratteristiche Istologiche dell’Alopecia da Diluizione del Colore (CDA)

Caratteristica Istologica

Localizzazione Preferenziale

Descrizione Dettagliata

Importanza Diagnostica

Aggregati di Melanina (Macromelanosomi)

Epidermide (strato basale), Epitelio follicolare (gaine, matrice), Fusti piliferi, Derma (melanofagi)

Grandi granulazioni o blocchi di pigmento melanico, di forma e dimensioni irregolari, spesso massicce.

Molto alta; segno quasi patognomonico in contesto clinico compatibile.

Ipercheratosi Follicolare

Infundibulo dei follicoli piliferi

Addensamento dello strato corneo all’interno del follicolo, che porta alla formazione di tappi di cheratina lamellare che dilatano l’apertura follicolare.

Elevata; contribuisce ai comedoni e alla follicolite.

Displasia Follicolare

Follicoli piliferi (intera struttura)

Follicoli di forma irregolare, distorti, contorti, talvolta atrofici, cistici o con aspetto a “zampa di strega”. Numerosi follicoli in fase telogen.

Elevata; riflette l’anomalia di sviluppo e di funzionamento del follicolo.

Incontinenza Pigmentaria / Melanofagi Dermici

Derme (principalmente peribulbare e perifollicolare)

Presenza di pigmento melanico libero nel derma e/o di macrofagi (melanofagi) che hanno fagocitato questo pigmento, in seguito al suo rilascio da parte delle cellule epidermiche o follicolari danneggiate.

Moderata-alta; indica un rimaneggiamento pigmentario.

Ipercheratosi Epidermica

Epidermide interfollicolare

Addensamento dello strato corneo dell’epidermide, spesso di tipo ortocheratosico.

Moderata; contribuisce all’aspetto squamoso della cute.

Atrofia Follicolare

Follicoli piliferi

Riduzione delle dimensioni dei follicoli piliferi, in particolare negli stadi avanzati.

Moderata; conseguenza della displasia cronica.

Infiltrato Infiammatorio

Follicolare, Perifollicolare, Dermico

In assenza di sovrainfezione, l’infiltrato è generalmente minimo o lieve, linfoplasmocitario. In caso di piodermite secondaria, si osserverà un infiltrato neutrofilico (suppurativo) o piogranulomatoso (in caso di foruncolosi).

Variabile; dipende dalla presenza di complicazioni.

La combinazione di queste lesioni, in particolare la presenza di macromelanosomi in un contesto di displasia follicolare e ipercheratosi in un cane con mantello diluito, è fortemente suggestiva della diagnosi di ARD.

5.4. Diagnosi Differenziale

È fondamentale distinguere la CDA da altre affezioni dermatologiche canine che possono manifestarsi con alopecia, sia essa localizzata o generalizzata. La Tabella 3 presenta le principali diagnosi differenziali e i criteri che consentono di distinguerle dalla CDA.

Tabella 3: Diagnosi Differenziale dell’Alopecia da Diluizione del Colore (CDA) e Criteri Distintivi

Affezione

Segni Clinici Chiave (oltre all’alopecia)

Risultati Tipici del Tricogramma

Risultati Tipici dell’Istologia

Test Complementari Specifici

Alopecia da Diluizione del Colore (CDA)

Mantello diluito, alopecia progressiva sul tronco, squame, papule/pustole follicolari, frequente piodermite secondaria, prurito in caso di infezione. Risparmio delle zone non diluite.

Macromelanosomi, fusti piliferi deformati/fratturati.

Ipercheratosi follicolare, macromelanosomi (epidermide, follicoli, peli), displasia follicolare, melanofagi dermici.

Anamnesi, clinica, tricogramma, biopsia. Test genetico MLPH (predisposizione).

Ipotiroidismo

Alopecia simmetrica, non pruriginosa (salvo piodermite), pelo opaco, secco, pelle ispessita (mixedema), letargia, aumento di peso.

Peli principalmente in telogen, assenza di macromelanosomi.

Atrofia follicolare, ipercheratosi epidermica e follicolare, mucinosi dermica. Assenza di macromelanosomi.

Dosaggio T4 totale, TSH, T4 libera (per dialisi all’equilibrio).

Ipercorticismo (Sindrome di Cushing)

Alopecia tronculare bilaterale simmetrica, pelle sottile, atrofica, comedoni, calcinosi cutanea, distensione addominale, poliuria-polidipsia.

Peli principalmente in telogen, nessun macromelanosoma.

Atrofia epidermica, dermica e follicolare, ipercheratosi follicolare, comedoni, depositi di calcio (calcinosi). Assenza di macromelanosomi.

Test di soppressione con desametasone (a basse dosi), test di stimolazione con ACTH, rapporto cortisolo/creatinina urinario.

Displasia Follicolare del Pelo Nero (BHFD)

Alopecia che interessa unicamente le zone di pelo nero nei cani con pezzatura bianca. Comparsa precoce.

Simile a CDA ma solo su peli neri: macromelanosomi, anomalie strutturali.

Quasi identica alla CDA: macromelanosomi nelle zone nere, displasia follicolare.

Clinica (distribuzione delle lesioni), tricogramma, biopsia.

Alopecia X (Displasia follicolare delle razze nordiche)

Alopecia simmetrica progressiva (tronco, collo, cosce), iperpigmentazione cutanea. Razze predisposte (Spitz, Husky, Malamute).

Peli a “fiamma” (catagen/telogen), senza macromelanosomi.

Atrofia follicolare, ipercheratosi infundibolare, cheratinizzazione tricolemmatica. Assenza di macromelanosomi.

Esclusione delle endocrinopatie, biopsia. Risposta talvolta alla castrazione o alla melatonina.

Demodecosi Generalizzata

Alopecia multifocale o generalizzata, eritema, squame, comedoni, papule, pustole, prurito variabile.

Visualizzazione di Demodex canis (adulti, larve, uova).

Follicolite/perifollicolite suppurativa o granulomatosa con presenza di demodex nei follicoli.

Raschiati cutanei profondi, tricogramma (biopsia se raclages negativi e forte sospetto).

Dermatofitosi

Lesioni alopeciche circolari, squamose, talvolta crostose, prurito variabile. Può essere generalizzata.

Spore fungine e/o ife sui o nei fusti piliferi (esame diretto con KOH o lattofenolo).

Follicolite/perifollicolite, dermatite perivascolare. Visualizzazione di elementi fungini con colorazioni speciali (PAS, Grocott).

Esame con lampada di Wood (fluorescenza per alcuni ceppi di Microsporum canis), coltura fungina su terreno di Sabouraud o DTM.

5.5. Test Genetici

Test genetici molecolari sono commercialmente disponibili per identificare le diverse varianti (alleli ‘d’, inclusi d1, d2, d3) del gene MLPH che sono responsabili della diluizione del colore del mantello. Questi test consentono di determinare se un cane possiede il genotipo omozigote recessivo (d/d) necessario per esprimere un mantello diluito e, di conseguenza, per essere geneticamente predisposto alla CDA.

Tuttavia, è cruciale sottolineare che, sebbene questi test confermino lo stato di diluizione di un animale, essi non possono predire con certezza assoluta se un cane portatore del genotipo d/d svilupperà effettivamente i segni clinici dell’alopecia. Questa limitazione è direttamente legata al fenomeno della penetranza incompleta della CDA e alla probabile influenza di geni modificatori o di fattori ambientali, come discusso nella sezione 2.3.

Tuttavia, questi test genetici rivestono un’importanza considerevole per i programmi di allevamento. Essi consentono di identificare i cani eterozigoti (D/d), che possiedono un fenotipo di mantello non diluito (a meno che non siano presenti altri geni di diluizione) ma possono trasmettere l’allele ‘d’ alla loro prole. Evitando gli accoppiamenti tra due cani portatori (D/d x D/d) o tra un portatore e un individuo d/d, gli allevatori possono ridurre significativamente, o addirittura eliminare, il rischio di produrre cuccioli d/d suscettibili di sviluppare la CDA.

L’approccio diagnostico della CDA è quindi un processo integrativo che non può basarsi su un unico esame. Esso combina l’analisi rigorosa della segnalazione e dei segni clinici, i risultati del tricogramma e le conclusioni dell’esame istopatologico. Il test genetico per il gene MLPH si inserisce in questo approccio come uno strumento prezioso per confermare la predisposizione genetica alla diluizione e per orientare la consulenza nell’allevamento. Tuttavia, la diagnosi della malattia clinica, cioè l’espressione dell’alopecia, rimane dipendente dal confronto di tutti i dati clinici e paraclinici. L’identificazione futura di biomarcatori più specifici o di test genetici mirati ai geni modificatori della CDA costituirebbe un importante progresso diagnostico e prognostico.

6. Gestione Terapeutica e Prognosi

La gestione dell’alopecia da diluizione del colore è principalmente sintomatica, data l’assenza di un trattamento curativo per questa affezione di origine genetica.

6.1. Principi Generali della Gestione

Ad oggi non esiste alcun trattamento in grado di correggere il difetto genetico alla base della CDA o di ripristinare una normale struttura e funzione follicolare nelle aree di pelo diluito. Le anomalie strutturali dei follicoli piliferi e dei fusti piliferi indotte dal difetto di pigmentazione sono considerate permanenti.

Di conseguenza, la gestione terapeutica della CDA mira a diversi obiettivi:

  • Gestire i sintomi cutanei associati, come secchezza, desquamazione e prurito (se presente).
  • Migliorare, per quanto possibile, la qualità della pelle e del pelo residuo.
  • Prevenire attivamente e trattare efficacemente le infezioni cutanee secondarie, in particolare le piodermiti batteriche.
  • Mantenere una buona qualità di vita per il cane affetto.

6.2. Trattamenti Sintomatici

Cura topica: L’uso regolare di prodotti topici appropriati è la pietra miliare della gestione della CDA.

  • Shampoo cheratomodulanti ed emollienti: Questi shampoo sono impiegati per controllare lo stato cheratoseborroico (desquamazione, eccesso di sebo o secchezza) e per mantenere un’idratazione adeguata della pelle e del mantello. Ingredienti attivi come il perossido di benzoile possono essere utili per la loro azione sgrassante, antibatterica e comedolitica, in particolare in presenza di follicolite o comedoni. Altri agenti come lo zolfo, l’acido salicilico, o vari agenti idratanti ed emollienti (urea, glicerolo, avena colloidale, oli vegetali) possono anche essere benefici a seconda del quadro clinico specifico.
  • Shampoo antisettici: L’uso di shampoo contenenti agenti antisettici, come la clorexidina (a concentrazioni dal 2% al 4%), è essenziale per la gestione a lungo termine e la prevenzione delle piodermiti batteriche secondarie, che sono una complicanza frequente. La frequenza dei bagni antisettici deve essere adattata alla gravità delle infezioni e può variare da una a più volte a settimana in fase acuta, e poi essere distanziata in fase di mantenimento.

Gestione delle sovrainfezioni batteriche: In caso di piodermite batterica accertata (follicolite, foruncolosi), in particolare se è profonda, estesa o ricorrente, una terapia antibiotica sistemica è spesso indispensabile. Antibiotici di prima scelta, come la cefalexina o l’associazione amoxicillina-acido clavulanico, sono generalmente prescritti per una durata da 3 a 6 settimane, o almeno una settimana dopo la risoluzione clinica delle lesioni. Nei casi di infezioni croniche o refrattarie, è fortemente raccomandato eseguire una coltura batterica con antibiogramma da campioni di pustole intatte o di biopsie cutanee, al fine di guidare la scelta dell’antibiotico più appropriato e limitare lo sviluppo di resistenze batteriche.

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6.4. Prognosi a Lungo Termine

La prognosi vitale dei cani affetti da alopecia da diluizione del colore è eccellente. La CDA è un’affezione puramente dermatologica che non influisce sull’aspettativa di vita dell’animale né sul suo stato di salute generale, al di fuori delle sue manifestazioni cutanee.

Tuttavia, la prognosi riguardante la ricrescita del pelo è riservata o sfavorevole. L’alopecia è generalmente progressiva e tende a diventare permanente nelle zone di colore diluito. Una ricrescita significativa e duratura del pelo è raramente osservata, anche con i diversi approcci terapeutici sintomatici o adiuvanti.

6.5. Complicazioni a Lungo Termine

Le complicanze a lungo termine della CDA sono principalmente di natura dermatologica:

  • Piodermiti batteriche ricorrenti: A causa della displasia follicolare, dei disturbi della cheratinizzazione e della rottura della barriera cutanea, i cani affetti da CDA sono molto soggetti a infezioni batteriche cutanee (follicoliti, foruncolosi) recidivanti. Queste infezioni possono richiedere trattamenti antimicrobici ripetuti, o addirittura una gestione antisettica topica continua a lungo termine per limitare la loro frequenza e gravità.
  • Aumento del rischio di neoplasie cutanee: Sebbene manchino ancora dati epidemiologici robusti, è stato suggerito che la perdita cronica della protezione offerta dal mantello e l’aumentata esposizione della pelle ai raggi ultravioletti (UV) potrebbero aumentare il rischio di sviluppo di tumori cutanei, in particolare il carcinoma a cellule squamose. È stato riportato in letteratura un caso di carcinoma a cellule squamose sviluppatosi sulle zone alopeciche di un cane affetto da CDA. In via precauzionale, una protezione solare (evitare esposizioni prolungate nelle ore di forte irradiazione solare, utilizzo di indumenti protettivi o di creme solari adatte ai cani) può essere consigliata per gli animali che presentano un’alopecia estesa.

6.6. Consigli agli Allevatori e Prevenzione

Data la natura ereditaria della CDA, con una trasmissione autosomica recessiva chiaramente legata alle varianti del gene MLPH, la prevenzione tramite una rigorosa selezione in allevamento è la strategia più efficace per ridurre l’incidenza di questa affezione.

  • È formalmente raccomandato di escludere dalla riproduzione i cani affetti da CDA (cioè quelli che presentano un genotipo MLPH d/d e che manifestano i segni clinici dell’alopecia).
  • I genitori (padre e madre) di un cucciolo affetto da CDA sono obbligatoriamente portatori dell’allele ‘d’ (o eterozigoti D/d, o essi stessi affetti d/d). I fratelli e le sorelle di un cane affetto hanno anche un’alta probabilità di essere portatori o affetti e dovrebbero essere testati geneticamente prima di qualsiasi messa in riproduzione.
  • L’uso dei test genetici per il locus D (MLPH) è uno strumento prezioso che permette di identificare i cani portatori eterozigoti (D/d). Questi ultimi non presentano un mantello diluito (e quindi non hanno CDA), ma possono trasmettere l’allele ‘d’ alla loro prole. Evitando gli accoppiamenti tra due cani portatori (D/d x D/d), o tra un portatore e un individuo d/d, gli allevatori possono prevenire la nascita di cuccioli omozigoti d/d, che sarebbero quindi suscettibili di sviluppare la CDA.
  • La situazione è tuttavia complicata dalla penetranza incompleta della CDA. Alcuni cani che possiedono un genotipo d/d possono non sviluppare segni clinici di alopecia (o solo segni molto discreti) ed essere comunque utilizzati per la riproduzione. Se vengono accoppiati con altri cani d/d o con portatori D/d, possono trasmettere la predisposizione alla CDA, soprattutto se gli eventuali geni modificatori “protettivi” non vengono anch’essi trasmessi o se le condizioni ambientali della loro prole differiscono. Una strategia di selezione ottimale dovrebbe quindi idealmente combinare la genotipizzazione per il gene MLPH con una rigorosa valutazione fenotipica (assenza di CDA clinica nei cani di colore diluito selezionati per la riproduzione e nella loro parentela stretta).

La gestione a lungo termine della CDA rappresenta un impegno certo per il proprietario, che implica cure cutanee regolari e una vigilanza costante nei confronti delle potenziali complicanze. Per gli allevatori, la prevenzione tramite una selezione genetica informata è fondamentale. L’esistenza di razze come il Bracco di Weimar, che sono prevalentemente d/d ma sviluppano molto raramente la CDA, costituisce una pista di ricerca particolarmente interessante. L’identificazione dei fattori genetici “protettivi” presenti in queste razze potrebbe, a lungo termine, non solo affinare le strategie di selezione ma anche, potenzialmente, aprire nuove prospettive per la prevenzione o la modulazione dell’espressione della CDA nelle razze più sensibili.

7. Conclusione

L’alopecia da diluizione del colore (CDA) è una genodermatosi canina la cui comprensione è significativamente progredita con l’identificazione del ruolo centrale del gene MLPH nella diluizione del colore del mantello e nella predisposizione all’alopecia. Tuttavia, la considerevole variabilità della sua espressione clinica, caratterizzata da una penetranza incompleta, evidenzia la probabile implicazione di altri fattori genetici modificatori o di fattori ambientali che rimangono, in gran parte, da delucidare. Questa complessità eziologica rappresenta una sfida sia per la diagnosi che per la consulenza genetica.

La diagnosi di CDA si basa su un approccio multimodale rigoroso, che integra l’anamnesi (razza, colore del mantello, anamnesi), i segni clinici caratteristici (alopecia progressiva nelle zone diluite, alterazioni della qualità del mantello, lesioni cutanee secondarie), le osservazioni microscopiche del tricogramma (presenza di macromelanosomi) e le lesioni istopatologiche tipiche (displasia follicolare, aggregati di melanina, ipercheratosi follicolare). I test genetici per le varianti del MLPH confermano la predisposizione legata alla diluizione ma non predicono la comparsa dell’alopecia.

In assenza di un trattamento curativo, la gestione della CDA è essenzialmente sintomatica. Essa mira a migliorare il comfort cutaneo del cane, a controllare i disturbi della cheratinizzazione e a prevenire o trattare le complicanze infettive, principalmente le piodermiti batteriche ricorrenti. Le terapie adiuvanti come la melatonina, gli acidi grassi essenziali o i retinoidi hanno mostrato un’efficacia limitata o non confermata per la ricrescita del pelo in questa affezione.

La prevenzione, attraverso strategie di allevamento responsabili che includono lo screening genetico dei riproduttori per gli alleli di diluizione del MLPH e la selezione fenotipica, è cruciale per ridurre l’incidenza della CDA nelle razze predisposte.

Le future prospettive di ricerca dovrebbero concentrarsi sull’identificazione e la caratterizzazione dei geni modificatori e dei fattori ambientali coinvolti nell’espressione della CDA. Una migliore comprensione di questi elementi permetterebbe di affinare la valutazione del rischio di sviluppare l’alopecia nei cani portatori del genotipo d/d e, potenzialmente, di aprire la strada a nuovi approcci preventivi mirati o a interventi terapeutici innovativi volti a modulare l’espressione di questa complessa genodermatosi.

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Ricerche Correlate

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