La tigna, che è una dermatofitosi, rappresenta un’infezione fungina superficiale della pelle e degli annessi cutanei. Questa condizione cutanea, causata da funghi cheratinofili appartenenti ai generi Microsporum e Trichophyton, riveste una particolare importanza nella medicina veterinaria a causa della sua natura contagiosa, infettiva e del suo potenziale zoonotico.
Introduzione
Sebbene generalmente considerata una condizione benigna nei cani immunocompetenti, la sua gestione clinica rimane una sfida a causa della sua presentazione polimorfa e del suo impatto sulla salute pubblica.
Eziologia e agenti patogeni
I dermatofiti responsabili delle infezioni nei cani si dividono in tre categorie in base al loro habitat naturale:
Le specie zoofile, adattate alla vita sugli ospiti animali, costituiscono i maggiori agenti patogeni. Microsporum canis rappresenta il principale agente eziologico (40-80% dei casi), seguito da Trichophyton mentagrophytes (5-35% dei casi).
Tra le specie geofile, Microsporum gypseum occupa un posto significativo con fino al 25% dei casi riportati. Questi funghi, naturalmente presenti nel suolo, sono associati alla decomposizione della cheratina dei detriti organici.
Microsporum persicolor merita un’attenzione particolare a causa della sua maggiore prevalenza nei cani da caccia e da lavoro, probabilmente dovuta a un contatto più frequente con roditori selvatici e suolo contaminato.
Epidemiologia e fattori di rischio
Distribuzione e prevalenza globale
L’analisi epidemiologica della dermatofitosi canina evidenzia una distribuzione complessa e multifattoriale. Una meta-analisi approfondita, che copre studi condotti in 29 paesi, rivela notevoli variazioni a seconda dei contesti geografici e delle popolazioni canine studiate. Nella pratica veterinaria quotidiana, la prevalenza di questa condizione è compresa tra lo 0,26 e il 5,6% dei casi dermatologici, sottolineando così la sua relativa infrequenza rispetto ad altre dermatosi.
Distribuzione geografica e influenza ambientale
I dati epidemiologici mostrano una particolare distribuzione geografica, con una netta preponderanza nelle zone caratterizzate da un clima caldo e umido. Questa tendenza è particolarmente evidente in Brasile, Cile, India, Italia e nelle regioni meridionali degli Stati Uniti. Questa specifica distribuzione geografica suggerisce una stretta correlazione tra le condizioni climatiche e l’ecologia dei dermatofiti, influenzando la loro capacità di sopravvivenza e propagazione nell’ambiente.
La determinazione precisa della prevalenza e delle predisposizioni razziali incontra diversi ostacoli metodologici. Infatti, questa dermatofitosi non è una malattia a notifica obbligatoria, la sua evoluzione naturale può essere spontaneamente risolutiva in molti animali immunocompetenti e la sua presentazione clinica varia considerevolmente in gravità. Questi fattori introducono potenzialmente distorsioni nell’interpretazione dei dati epidemiologici.
L’analisi dei fattori di rischio evidenzia diversi elementi determinanti:
L’età è un fattore predominante, con gli animali giovani che mostrano una maggiore suscettibilità. Questa vulnerabilità potrebbe essere spiegata dall’immaturità del loro sistema immunitario e dall’assenza di esposizione precedente agli agenti patogeni.
Predisposizioni razziali e analisi comparativa
Gli studi epidemiologici evidenziano significative variazioni di suscettibilità tra le razze canine. I Yorkshire terrier mostrano una predisposizione particolarmente marcata alle infezioni dermatofitiche, in particolare a M. canis. Questa vulnerabilità si manifesta sia nelle forme superficiali che nodulari dell’infezione. L’analisi dei dati clinici corrobora questa osservazione: uno studio su 55 casi di dermatofitosi ha rivelato che il 23,6% dei cani affetti apparteneva a questa razza. Questa sovrarappresentazione è stata confermata da un secondo studio in cui i Yorkshire terrier costituivano il 37% dei casi (10 su 27 cani). Questa predisposizione potrebbe essere spiegata da fattori genetici che influenzano la risposta immunitaria o la composizione della barriera cutanea, sebbene i meccanismi precisi debbano ancora essere chiariti.
I cani da lavoro e da caccia presentano un profilo di suscettibilità distinto, caratterizzato da una maggiore vulnerabilità alle infezioni da M. persicolor e M. gypseum. Questa particolarità epidemiologica riguarda specificamente razze come il Bracco tedesco a pelo corto, il Fox terrier, il Labrador retriever, il Pastore belga Groenendael, il Beagle e il Jagdterrier. Questa predisposizione sembra più legata a fattori comportamentali e ambientali che a una sensibilità intrinseca, in quanto queste razze sono frequentemente esposte a terreni contaminati e a serbatoi selvatici durante le loro attività.
I cani da caccia e da lavoro presentano un profilo di rischio distinto. Razze come i Bracchi tedeschi a pelo corto, i Fox terrier, i Labrador retriever, i Pastori belgi Groenendael e i Beagle mostrano una maggiore suscettibilità alle infezioni da M. persicolor e M. gypseum. Questa predisposizione è probabilmente spiegata dal loro frequente contatto con il suolo contaminato e i serbatoi animali selvatici.
Lo stato immunitario gioca un ruolo determinante nella suscettibilità alle infezioni dermatofitiche. Le condizioni immunosoppressive, in particolare l’iperadrenocorticismo, possono favorire lo sviluppo di infezioni più gravi e prolungate. La letteratura scientifica documenta casi di dermatofitosi in associazione con diverse affezioni sistemiche: leishmaniosi (4 casi), leishmaniosi associata all’ehrlichiosi (1 caso) e diabete mellito (1 caso). La coesistenza di una demodicosi concomitante, sebbene raramente riportata in letteratura, costituisce probabilmente un’associazione più frequente di quanto suggeriscano le pubblicazioni disponibili.
La trasmissione della dermatofitosi avviene principalmente per contatto diretto con un animale infetto o tramite oggetti contaminati, inclusi attrezzi per la toelettatura, biancheria da letto, collari ed ectoparassiti. Il microtrauma cutaneo costituisce un fattore favorevole essenziale per l’instaurarsi di un’infezione clinica. Le infezioni da M. canis derivano tipicamente dal contatto con un animale infetto, principalmente i gatti, mentre la trasmissione ambientale pura rimane poco efficace. Le infezioni da Trichophyton sono generalmente associate al contatto con roditori infetti o i loro nidi. Le infezioni da M. gypseum, meno frequenti, si presume derivino dal contatto con il suolo contaminato, riflettendo la natura geofila di questo organismo.
Tigna nell’uomo
Patogenesi e risposta immunitaria
L’instaurarsi di un’infezione dermatofitica è il risultato di una complessa sequenza di eventi molecolari e cellulari, orchestrati dalle interazioni tra il patogeno e l’ospite. Questo processo si svolge in tre fasi distinte e sequenziali, ciascuna caratterizzata da meccanismi specifici.
La fase iniziale di adesione costituisce un passo critico che avviene entro 2-6 ore dall’esposizione. Questa adesione è mediata da adesine specifiche espresse sulla superficie degli artroconidi, così come da proteasi dermatofitiche, in particolare le subtilisine. Questi enzimi secreti dal fungo svolgono un ruolo determinante nell’instaurarsi dell’infezione, facilitando l’adesione ai corneociti dell’ospite.
La seconda fase, caratterizzata dalla germinazione delle conidie fungine, inizia tra 4 e 6 ore dopo l’adesione iniziale. Durante questa fase, i tubi germinativi emergono dagli artroconidi e penetrano lo strato corneo. Questa invasione è stata meticolosamente documentata grazie a modelli in vitro che utilizzano corneociti isolati ed epidermidi ricostruite, consentendo di osservare la progressione dell’infezione.
La terza fase corrisponde all’invasione attiva delle strutture cheratinizzate. Le ife fungine colonizzano lo strato corneo, sviluppandosi in diverse direzioni, con una preferenza marcata per l’unità follicolare nella maggior parte dei dermatofiti veterinari. Questa colonizzazione è accompagnata da un’intensa attività enzimatica, in particolare la secrezione di endoproteasi (subtilisine e fungalisine) ed esoproteasi che degradano la cheratina in peptidi e amminoacidi assimilabili. Un meccanismo sofisticato che coinvolge una pompa di efflusso di solfito, codificata dal gene SSU1, facilita la degradazione della cheratina scindendo i ponti disolfuro. La regolazione della formazione di solfito dalla cisteina dipende da un enzima chiave, la cisteina diossigenasi (Cdo1).
I dermatofiti hanno sviluppato strategie elaborate per contrastare la risposta immunitaria dell’ospite. Questi meccanismi includono l’inibizione linfocitaria da parte dei mannani della parete cellulare, l’alterazione della funzione dei macrofagi e la modificazione del rinnovamento cheratinocitario. Tuttavia, l’ospite dispiega una complessa risposta immunitaria che coinvolge componenti umorali e cellulari.
L’infezione naturale da M. canis induce risposte cutanee immediate e ritardate alle proteine fungine, accompagnate da un aumento dei titoli anticorpali e da alterazioni della risposta linfoblastica agli antigeni fungini. Gli studi immunologici hanno rivelato che i gatti infetti o precedentemente esposti a M. canis presentano una reattività linfocitaria significativamente più elevata agli antigeni dermatofitici rispetto ai controlli non infetti. Sebbene la reattività linfocitaria sia simile negli animali positivi alla coltura e negli animali infetti/guariti, i titoli anticorpali sono significativamente più alti nel gruppo positivo alla coltura. Questa osservazione suggerisce che l’aumentata reattività linfocitaria potrebbe rappresentare una risposta cellulo-mediata di tipo Th1, mentre gli anticorpi rifletterebbero maggiormente l’esposizione senza conferire una protezione significativa.
La guarigione clinica e la protezione contro le reinfezioni dipendono essenzialmente da una robusta risposta immunitaria cellulo-mediata, che coinvolge cellule effettrici come macrofagi e neutrofili, orchestrata da diverse citochine, in particolare l’interferone gamma. Questa risposta immunitaria adattativa contribuisce non solo all’eliminazione dell’infezione attiva ma anche all’instaurarsi di un’immunità protettiva contro le infezioni successive.
Presentazione clinica e diagnosi differenziale
Le dermatofitosi canine manifestano un notevole polimorfismo clinico che riflette la patogenesi dell’infezione fungina e la risposta immunitaria dell’ospite. Le manifestazioni iniziali compaiono generalmente una o tre settimane dopo l’esposizione agli artrospore infettanti. Le lesioni classiche sono caratterizzate da aree alopeciche circolari ben delimitate, a estensione periferica, generalmente asimmetriche. L’eritema, particolarmente visibile sulle aree di pelle chiara, è accompagnato da squame e croste dovute a una moderata essudazione. Il prurito, variabile nella sua intensità, rimane generalmente minimo o assente, sebbene la sua presenza possa esacerbare le lesioni per auto-traumatismo.
Tigna in un Yorkshire
Le presentazioni cliniche atipiche meritano un’attenzione particolare:
La dermatofitosi pustolosa rappresenta una forma rara ma significativa, che può simulare clinicamente e istologicamente un pemfigo foliaceo. Questa particolare manifestazione sottolinea l’importanza di includere la dermatofitosi nella diagnosi differenziale delle dermatosi pustolose.
I kérion costituiscono una forma infiammatoria caratterizzata da noduli eritematosi, alopecici, a cupola ed essudativi. L’esame istopatologico rivela una formazione granulomatosa o piogranulomatosa, spesso associata a frammenti di steli piliferi contenenti spore fungine. Questa presentazione si osserva principalmente nelle infezioni da M. gypseum o T. mentagrophytes.
Gli pseudomicetomi e i micetomi rappresentano complicanze più rare ma significative. Clinicamente, si manifestano con noduli singoli o multipli che fistolizzano e ulcerano, drenando materiale siero-purulento contenente granuli tissutali. L’esame istopatologico rivela una dermatite o panniculite granulomatosa contenente granuli formati da ife o pseudoife del fungo.
La diagnosi differenziale richiede un approccio sistematico e deve considerare:
La follicolite batterica e la demodicosi costituiscono le principali diagnosi differenziali. Nel caso della follicolite batterica, la presenza di papule o pustole follicolari, colletti epidermici e un aspetto “tarlo” del pelo sono caratteristici. La demodicosi si distingue per la presenza di comedoni e una netta delimitazione delle zone alopeciche.
Le malattie autoimmuni, in particolare il pemfigo foliaceo e il lupus eritematoso cutaneo, devono essere considerate, soprattutto per le lesioni facciali. Il pemfigo foliaceo è caratterizzato da pustole non follicolari, croste e alopecia. Il lupus eritematoso discoide produce frequentemente lesioni squamose, papulo-pustolose o crostose che interessano il planum nasale, a differenza della dermatofitosi.
L’alopecia areata e la pseudopelada si distinguono per aree di alopecia circolare in cui la pelle appare spesso normale.
Le dermatosi esfoliative generalizzate includono un ampio spettro di affezioni: endocrinopatie, leishmaniosi, lupus eritematoso esfoliativo, adenite sebacea granulomatosa e linfoma cutaneo. Queste condizioni possono presentare somiglianze cliniche con le forme generalizzate di dermatofitosi.
La presentazione clinica può essere modificata da diversi fattori, tra cui la specie di dermatofito coinvolto, lo stato immunitario dell’ospite e la precedente somministrazione di trattamenti. Le infezioni da M. persicolor, ad esempio, sono inizialmente caratterizzate da un interessamento non follicolare con eritema, desquamazione e croste, l’alopecia compare solo secondariamente. Questa forma particolare colpisce preferenzialmente i cani da caccia e si manifesta frequentemente con lesioni facciali.
Conclusione
La tigna rappresenta un’affezione dermatologica complessa la cui presentazione clinica variabile richiede un approccio diagnostico rigoroso. La sua gestione terapeutica deve prendere in considerazione non solo l’efficacia del trattamento ma anche gli aspetti zoonotici e ambientali. Una comprensione approfondita della sua patogenesi e delle sue manifestazioni cliniche è essenziale per ottimizzare la sua gestione.
Domande frequenti (FAQ)
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La presenza di spore sul pelo indica sistematicamente un’infezione attiva? No, la presenza di spore può semplicemente riflettere un portage meccanico senza invasione follicolare.
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I cani immunocompromessi presentano un rischio maggiore di infezione grave? Sì, in particolare negli animali affetti da iperadrenocorticismo dove l’infezione può essere più grave e prolungata.
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La contaminazione ambientale rappresenta un rischio maggiore di trasmissione? No, gli studi dimostrano che la trasmissione per contatto diretto con un animale infetto è molto più frequente della sola contaminazione ambientale.
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Ci si può fidare solo dell’aspetto clinico per la diagnosi? No, la presentazione polimorfa della dermatofitosi richiede una conferma diagnostica tramite esami complementari.
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Ricerche correlate
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